Dislessia e altri DSA: disturbi, disabilità o caratteristiche?
Spesso leggiamo o sentiamo definire la dislessia e gli altri DSA in diversi modi, alcuni giusti altri molto meno. Se di certo è sempre un grave errore, come più volte ripetuto, considerarli
A
indicarcelo sono le "Raccomandazioni cliniche sui DSA", un documento d’intesa elaborato da parte del Panel di aggiornamento e revisione
della Consensus Conference DSA (2007) in risposta a quesiti sui disturbi
evolutivi specifici dell’apprendimento. Ecco nello specifico quanto questo
prezioso documento afferma in proposito:
- Le tre concettualizzazioni - e i tre
termini (disturbo, disabilità, caratteristica) che le designano – non sono in
antitesi ma esprimono aspetti diversi di una stessa realtà; ognuna di esse
offre, infatti, lo stimolo per una azione diversa e specifica.
- Dislessia, Disortografia e Discalculia possono essere definite caratteristiche dell’individuo, fondate su una base neurobiologica; il termine caratteristica dovrebbe essere utilizzato dal clinico e dall’insegnante in ognuna delle possibili azioni (descrizione del funzionamento nelle diverse aree e organizzazione del piano di Aiuti) che favoriscono lo sviluppo delle potenzialità individuali e, con esso, la Qualità della Vita. L’uso del termine caratteristica può favorire nell’individuo, nella sua famiglia e nella Comunità una rappresentazione non stigmatizzante del funzionamento delle persone con difficoltà di apprendimento; il termine caratteristica indirizza, inoltre, verso un approccio pedagogico che valorizza le differenze individuali.
- Il termine disabilità riferito alle
difficoltà di apprendimento ha uno scopo etico di protezione sociale; è utile
quando viene utilizzato per rivendicare un diritto a Pari Opportunità nella istruzione;
quella della disabilità è, infatti, una relazione sociale, non una condizione
soggettiva della persona.
- Il termine disturbo con riferimento alle difficoltà di apprendimento compare nei sistemi di classificazione dei Disturbi Mentali DSM e ICD; questi manuali contengono i criteri condivisi dalla comunità scientifica per identificare i Disturbi; questi manuali dichiarano di prescindere da concezioni teoriche sulla natura dei Disturbi identificati - approccio ateoretico 7; lo scopo di questi sistemi di classificazione è, infatti, di facilitare la comunicazione scientifica; permettere studi sulla frequenza dei Disturbi e una organizzazione coerente dei Servizi;rendere i risultati della ricerca confrontabili. Il termine disturbo compare nelle relazioni cliniche con l’obiettivo di facilitare l’attivazione di aiuti adeguati allo sviluppo - es.: permettere la applicazione di strumenti didattici compensativi e dispensativi; nelle stesse relazioni dovrebbe comparire anche il termine caratteristica per favorire nell’individuo, nella sua famiglia e negli insegnanti una rappresentazione non stigmatizzante della difficoltà di apprendimento.
Che
cosa capiamo da questo documento? La cosa più evidente è che usare l'uno o
l'altro termine in associazione alla dislessia e agli altri DSA non è mai
sbagliato. E' invece, semmai, inesatto inserirli in contesti inappropriati o
legarli ad azioni inadatte.
Se,
infatti, la parola "Disturbo" è da utilizzare prettamente in ambito
scientifico ad esempio su manuali o nelle relazioni cliniche degli addetti ai
lavori, definire la dislessia una "Disabilità" può essere utile per
difendere i diritti dei bambini e ragazzi dislessici soprattutto a scuola
garantendo loro Pari Opportunità; mentre la parola "Caratteristica" è
quella che in un certo senso ha più "potere" in quanto, essendo la
più "positiva", è in grado di favorire lo sviluppo delle potenzialità
individuali e, principalmente, migliorare la qualità della vita dei dislessici
e delle loro famiglie.
La definizione che preferisco? Senza dubbio Caratteristica. E voi?
Roberto M.
Fonte: "DSA Documento d’intesa, PARCC, 2011; www.lineeguidadsa.it”
Photo credit:
www.gemmlearning.com
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