Uno sguardo ai genitori: tra conoscenze superficiali, incomprensioni e senso di omertà
La scuola si sa, nonostante la legge 170 e i vari corsi di formazione attivati negli ultimi tempi, non è ancora in grado di gestire
adeguatamente gli alunni dislessici e sono ancora troppi gli insegnanti che non
sanno cos'è la dislessia o che ne rifiutano persino l’esistenza.
Ma se si parla spesso, e non a torto, delle lacune della scuola, poco si discute, invece, della preparazione dei genitori.
Quanto ne sanno le mamme e i papà di DSA?
La realtà ci dice che purtroppo, in alcuni casi, la situazione può rivelarsi anche molto critica. Se esistono insegnanti che arrivano persino a negare l’esistenza della dislessia, non mancano genitori che anche di fronte alle evidenti difficoltà dei loro figli rimangono volontariamente indifferenti e neanche tentano di muoversi a loro favore, assumendo talvolta un atteggiamento quasi omertoso.
Ma se si parla spesso, e non a torto, delle lacune della scuola, poco si discute, invece, della preparazione dei genitori.
Quanto ne sanno le mamme e i papà di DSA?
La realtà ci dice che purtroppo, in alcuni casi, la situazione può rivelarsi anche molto critica. Se esistono insegnanti che arrivano persino a negare l’esistenza della dislessia, non mancano genitori che anche di fronte alle evidenti difficoltà dei loro figli rimangono volontariamente indifferenti e neanche tentano di muoversi a loro favore, assumendo talvolta un atteggiamento quasi omertoso.
A causa della scarsa conoscenza dell’argomento, spesso
capita che il disturbo della lettura sia considerato un tabù, un qualcosa che
fa paura e di cui vergognarsi, perciò in molti ritengono sia meglio ignorarlo e
soprattutto non renderlo noto ad altri.
Un episodio, riportato da una madre di un bambino dislessico, chiarisce quanto appena detto:
da uno screening effettuato nella classe del figlio sono stati in cinque gli alunni segnalati, ma solo lei ha fatto valutare le difficoltà del bambino, come da prassi, presso la ASL di competenza. Gli altri genitori non solo hanno ignorato la segnalazione ma hanno anche rifiutato di collaborare con questa madre quando lei ha cercato aiuto per controbattere al solito ostruzionismo degli insegnanti. Il risultato è stato che questa donna si è ritrovata a “lottare” contro non solo la scarsa collaborazione dei docenti, ma anche l’ostilità di altri genitori che inoltre, “ignorantemente”, non prendendo in considerazione la segnalazione, non hanno fatto altro che peggiorare la situazione dei loro stessi figli. È stata proprio questa madre, raccontando la sua vicenda, a comunicare la percezione di un senso di omertà che circonda la dislessia.
La cattiva informazione, quindi, si palesa anche in famiglia nonostante siano in molti a dichiararsi consapevoli delle difficoltà dei propri figli. Infatti sono tanti ancora i genitori che dapprima affermano di conoscere la dislessia e poi si smentiscono, ad esempio, lamentandosi dello scarso impegno del bambino o del suo approccio contrario alla scuola. C’è persino chi “costringe” il figlio a seguire lezioni di recupero pomeridiane per ovviare alla sua scarsa partecipazione scolastica. Anche se l’intento è quello di voler aiutare il bambino, così facendo non lo si aiuta affatto, anzi lo si obbliga ad affrontare fatiche ulteriori e ad avere sempre meno tempo libero a disposizione.
Un episodio, riportato da una madre di un bambino dislessico, chiarisce quanto appena detto:
da uno screening effettuato nella classe del figlio sono stati in cinque gli alunni segnalati, ma solo lei ha fatto valutare le difficoltà del bambino, come da prassi, presso la ASL di competenza. Gli altri genitori non solo hanno ignorato la segnalazione ma hanno anche rifiutato di collaborare con questa madre quando lei ha cercato aiuto per controbattere al solito ostruzionismo degli insegnanti. Il risultato è stato che questa donna si è ritrovata a “lottare” contro non solo la scarsa collaborazione dei docenti, ma anche l’ostilità di altri genitori che inoltre, “ignorantemente”, non prendendo in considerazione la segnalazione, non hanno fatto altro che peggiorare la situazione dei loro stessi figli. È stata proprio questa madre, raccontando la sua vicenda, a comunicare la percezione di un senso di omertà che circonda la dislessia.
La cattiva informazione, quindi, si palesa anche in famiglia nonostante siano in molti a dichiararsi consapevoli delle difficoltà dei propri figli. Infatti sono tanti ancora i genitori che dapprima affermano di conoscere la dislessia e poi si smentiscono, ad esempio, lamentandosi dello scarso impegno del bambino o del suo approccio contrario alla scuola. C’è persino chi “costringe” il figlio a seguire lezioni di recupero pomeridiane per ovviare alla sua scarsa partecipazione scolastica. Anche se l’intento è quello di voler aiutare il bambino, così facendo non lo si aiuta affatto, anzi lo si obbliga ad affrontare fatiche ulteriori e ad avere sempre meno tempo libero a disposizione.
Molti genitori raccontano di arrabbiarsi con i loro figli
non vedendo il loro impegno o perché non ritengono possibile che il
bambino/ragazzo, magari bravo con computer, videogiochi o nello sport, non
riesca ad avere successo a scuola o non lavori affatto per ottenerlo.
La causa di queste incomprensioni, “decodifiche aberranti”
dei messaggi inviati dai figli ai propri genitori, ovviamente non può che
essere la conoscenza solo superficiale della dislessia la quale induce
all’assunzione di atteggiamenti e comportamenti per nulla di aiuto per i loro
bambini.
Gli episodi appena citati sono gli
esempi più rappresentativi delle “storie di dislessia” che si ascoltano o si
leggono ogni giorno sperando che possano dare l’idea della situazione che
contraddistingue il disturbo specifico della lettura e degli altri DSA ancora
oggi nel nostro Paese anche in ambito famigliare.
Analizzando queste storie si può avere coscienza di quanto tutte siano molto simili e soprattutto quanto convergano su un unico punto: la scarsa e spesso cattiva informazione sulla dislessia. Si intuisce inoltre quanto importante sia la collaborazione fra tutte le parti in causa (genitori, insegnanti e personale sanitario) affinché la dislessia non diventi un problema più invalidante di quanto davvero sia per la vita scolastica, e sociale, di migliaia di bambini e ragazzi dislessici.
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Roberto M.
Photo credit: Ars Electronica Deep Space 8K for families via photopin (license)
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Analizzando queste storie si può avere coscienza di quanto tutte siano molto simili e soprattutto quanto convergano su un unico punto: la scarsa e spesso cattiva informazione sulla dislessia. Si intuisce inoltre quanto importante sia la collaborazione fra tutte le parti in causa (genitori, insegnanti e personale sanitario) affinché la dislessia non diventi un problema più invalidante di quanto davvero sia per la vita scolastica, e sociale, di migliaia di bambini e ragazzi dislessici.
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