"Si parla poco dei dislessici adulti. Molti di loro rimangono nell'ombra". La storia di Davide




Quella di Davide non è solo una delle tante storie di dislessia, ma una vera e propria piccola lezione di dislessia. Buona lettura. 

"Non sono abituato a scrivere post infiniti per formulare auguri di buon anno; spesso sono solo delle convezioni di cui non riesco a capire la motivazione.
Ma questa volta mi sento un po’ ispirato.

       

Ho scoperto di essere dislessico un anno e mezzo fa. Tutto ciò che racconta Andrea Delogu l’ho vissuto pienamente in prima persona. Per gran parte della mia vita mi sono sentito inadeguato, sia a scuola che all’università. 

Gli anni dell’università sono stati strani perché, oltre all’impegno richiesto dallo studio, avvertivo il peso del tempo che trascorreva inesorabile. Ho vissuto questo conflitto tra esami che non riuscivo a superare e l’età che inevitabilmente avanzava. Agli altri davo l’immagine del bamboccione bloccato all’università da 10 anni, mentre intorno a me tutti raggiungevano il traguardo che si erano prefissato.

La dislessia mia ha dato l’opportunità di comprendere il mio modo di pensare tramite immagini, di maturare una concezione dello spazio- tempo diversa e una maniera di comunicare attraverso l’arte: musica, poesie, videografia, fotografia.

Grandissimi passi sono stati fatti dopo l’approvazione della legge 170 del 2010, che ha consentito di riconoscere la dislessia nella scuola dell’obbligo, fornendo strumenti e metodi per tutti quei ragazzi, spesso erroneamente, ritenuti svogliati. 


Navigando sul web ho notato che ancora poco si parla di dislessici adulti: alcuni di loro rimangono nell’ombra inconsapevoli di se stessi o semplicemente silenti di fronte a una società e ambienti lavorativi incapaci di inserire persone con disturbi specifici dell’apprendimento.

Stigmatizzati ancora una volta come persone pigre, spesso tali adulti restano isolati senza tener conto che i migliori risultati si ottengono quando c’è un insieme di diversità. La dislessia è solo una caratteristica, non molto diversa dall’esigenza che spinge un bambino miope a ricorrere agli occhiali. Chi non riesce a leggere bene ha bisogno solo di strumenti compensativi e dispensativi. 

La mente umana è molto geniale; se essa non riesce a ottenere quanto ci si aspetta con metodi tradizionali, sviluppa un'altra parte del cervello che compensa quella che mostra carenze. Per questo la mente umana sviluppa un modo di pensare e di approcciarsi alternativi, proprio come un cieco spesso fa con la musica. 

Un non vedente trae beneficio da coloro che non lo sono, così come un normodotato trae godimento dalla stessa musica. È quello che accede quando ascoltiamo Ray Charles, Stevie Wonder, Jeff Healey o Andrea Bocelli, per citare gli esempi più famosi. La loro è solo una diversità e non un deficit cognitivo.

Auguro un anno di traguardi a tutti i dislessici, soprattutto a quelli adulti; un anno che porti nuove vittorie normative e meno pregiudizi.
Auguro un anno in cui la diversità diventi sinonimo di inclusione e non di discriminazione."

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Roberto M.

Foto di Evgeni Tcherkasski da Pixabay

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